
Ricordi che resteranno nella mia mente, gambe e cuore per molti anni, ancora una volta negli Stati Uniti, a vivere un'America diversa dalla frenetica ed iperattiva New York City.
Boston tanto diversa, quieta, cordiale; il percorso immerso nella natura di un lungo quanto impervio rettilineo di 42.195m respirava l'aria di un film classico, con le casette in legno ed il giardinetto cui è parcheggiata l'auto familiare e come effetti speciali le grandi falcate a suon di "World Fastest Marathon", unica definizione ammessa per difetti di altimetria.
Essere dentro la spedizione azzurra dei quattro uomini rappresentativi e cercare il tutto per tutto per rappresentare degnamente la mia Nazione, forse troppo inizialmente.
Ma non ci sono ripensamenti, sono comunque contento di quanto realizzato, alla luce di un periodo invernale che non proprio mi ha aiutato.
Sensibili differenze dall'organizzazione del NYRR, ma osservando le puntuali presenze degli inviati delle diverse organizzazioni delle World Major Marathons, ogni occasione è sempre buona per prendere spunti differenti al fine di migliorare ulteriormente il prodotto - maratona offerto.
Non ci si poteva aspettare la stessa routine organizzativa newyorkese che sotto molti aspetti ricalca il frenetico andare senza soste di tutto i popolo di Manhattan.
Eppure New York ha sempre quella marcia in più, l'emozione che ti regala poco prima del Via! è indescrivibile.
La stessa cerimonia di premiazione,

Impossibile farsi una foto con Geoffrey Mutai sparito subito dopo la sua celebrazione.
Sarà per il limitato numero di partecipanti e per l'aria semi-professionale che ne deriva da una scrematura nei tempi di ammissione per fascia d'età, e sarà per l'aver conservato la più che centenaria tradizione di un popolo molto legato al patriottismo...
Quei 18 atleti che 115 anni prima si ritrovarono esattamente da quello che è il punto di partenza, immerso nel verde di una boscaglia di Hopkinton ancora spoglia di fogliame per via di un freddo che ad aprile tarda ancora a passare via ma che il sole, uscendo allo scoperto, inizia a rendere mite tutto ciò che vi circonda.
Ed è stata esattamente questa la sensazione, circondato da uno stuolo di atleti africani ed un bianco pronti a stupire il Mondo intero.
Peccato non aver preso nel consueto "early morning" il giallo Schoolbus navetta riservato ad ogni partecipante della maratona in partenza da Boston verso Hopkinton, ma molto dell'imponenza organizzativa si notava nelle operazioni di chiusura temporanea di un'autostrada intera per il passaggio degli Elite Bus: ogni uscita autostradale era bloccata da moto o auto della Polizia e nulla davanti a noi ostruiva il passaggio. Impensabile in Italia!
Subito dopo il breve riscaldamento, nell'area atleti Elite situata nella palestra di una chiesetta bianca stile americano situata in prossimità della partenza, il ritrovo situato anche in questo caso per ordine di ben tre Wave (orari) di partenza è sembrato molto soft...
Nessun aereo che svolazzava ad altezza uomo, un immancabile Inno Nazionale cantato dieci minuti prima del via, una breve presentazione degli atleti più rappresentativi con relativa intervista e tutto il tempo per ultimare le fasi di riscaldamento e scambio di foto con i media.
L'area antistante la partenza, non esageratamente larga per mantenere le tradizioni immutate vedeva nel Patriot Day un numero limitato di spettatori...
E nel mentre la bella neozelandese Kim Smith salutava il lead group delle donne e si involava in solitaria in testa verso un'azione suicida durata diversi chilometri... ma perchè???
Dall'ultimo lavoro leggero di Central Park effettuato in settimana sembrava che finalmente il peggio dei dolori si fosse messo alle spalle.
E così era in fondo, prima di affrontare la Maratona più dura della mia pur breve carriera!
Mi sentivo bene, dopo tanto penare, e forse questo eccesso di sicurezza ha portato a lasciarmi andare troppo.

La prudenza mi ha richiamato presto all'ordine e, favorito da un primo K assolutamente in discesa (e deve essere proprio lui l'artefice dell'eccessivo dislivello che comporta la non omologazione dei primati conseguiti su queste strade), realizzo un 2'57" che resta sempre poco al pari di quanto accadeva là davanti.
Riesco a ritrovarmi con l'avversario-amico di sempre, Hermann Achmuller il quale, superata una settimana difficile, da prova di grande coraggio interpretando in modo aggressivo la prima parte.
Coinvolto da tale entusiasmo, mi butto appresso al gruppo che inseguiva da vicino gli uomini da sub 2h18' ma sapevo delle difficoltà del percorso e mi tenevo sempre in disparte.
Un passaggio fin troppo sollecito già ai 5K in 16'13" mi porta ad un leggero rallentamento ma Hermann resta lì, avanti.
Decido di restare sempre dietro l'ultimo del gruppetto ma il ritmo non cambia di molto.
Sin da subito i saliscendi (dossetti da 150-200m di salite e discese) diventano i protagonisti principali di tutta la corsa.
Aiutato dal clima fresco e mite e da un vento incredibilmente a nostro favore, riesco a superare in decontrazione una decina di questi saliscendi, restando sempre in ultima posizione di un gruppo sempre in continuo incedere sotto i 3'20"/Km, troppo per me...
I lunghissimi rettilinei definivano chiaramente i primi andamenti di una corsa, con Bourifa e Boudalia spariti dalla visuale ed un Chris Pannone (autore di un eccellente 2h18') in splendida forma.
I passaggi ai 10K (16'17") ed ai 15K (16'15") non conseguono i risultati sperati; voltandomi indietro non noto nessuno nelle vicinanze e per molta strada sarà così l'andamento.
Questa si rivelerà una fase chiave per il proseguo della mia corsa: Achmuller con un buon gruppo di atleti si distanzierà di circa 50m e resterò da solo con un Master di alto livello.
Dopo tanto insistere, deciderò di correre da solo per trovare un ritmo tutto mio ed in poco tempo troverò l'equilibrio sperato.
Mi riapproprio di me stesso, trovo determinazione e concentrazione e inizio a macinare la strada, perennemente in saliscendi...
I ristori ogni miglio aiutano e molto a rinfrescarmi e stare ben idratato, sono 26 e sembrano anche troppi abituato ai classici 8 per tutta la distanza in Italia!
Questa, in fin dei conti, è stata una sorta di comunicazione di resa anticipata...
Se normalmente mi sono riservato il colpo finale dopo il 35°K, con l'eccezione di New York 2010 dove avvenne al 26° K (ed era già troppo presto!), qui si è trattato di un conto alla rovescia aggravato da una difficoltà sempre più crescente nell'ascendere tali dossi.
Tenevo il gruppo scappato avanti a debita distanza, mi battevo per cercare di raggiungerli; al 20° K ero carico di adrenalina coinvolto dal tifo sfrenato durato centinaia di metri di Cheerleaders esuberanti (!).
Il passaggio alla Mezza Maratona, infatti, la dice tutta, 1h09'12".
Fino a quel momento, immerso nel verde della natura, attraversando i vari distretti popolati di gente e costeggiando panorami molto rilassanti quali laghi e zone silenziose di foresta, riuscivo a mascherare i primi segni di affaticamento muscolare.
La cordialità delle famiglie ferme ad osservare il passaggio di tutti gli atleti, i bimbi che ti offrivano ristori ti ogni tipo "Fai da Te" e le urla di incitamento assordanti di tanta gente mi sorprendevano sempre più, affiancati a scenari normalmente associabili a quieti e tranquilli posti di campagna fuori città.
Il meccanismo, purtroppo, inizia ad incepparsi verso il 27°K, all'ennesima salita un pò più dura del normale, e raggiunto da uno sgarbato Master che poco più avanti si fermerà (mai visto uno strano comportamento!).
Se avessi saputo che la seconda parte è più difficile della pur insidiosa prima, ci avrei riflettuto maggiormente su una condotta di gara meno spregiudicata...
Le difficoltà crescevano ed in salita iniziavo a bloccarmi, raggiunto dai primi atleti americani, giovani o della mia età.
Non riuscivo a mettermi in scia e quando preferisci continuare del tuo passo vuol dire che non hai più nulla di offrire...
La situazione è peggiorata sensibilmente dopo il K 30 (fino a quel momento dall'ottima proiezione) ed i 12 K finali sono stati una devastazione muscolare per le mie gambe, colte impreparate da tali asperità...
In effetti mai ero riuscito a correre in salita in allenamento e nelle ultime settimane la salita continua si era mostrata un grosso punto debole, il momento peggiore per affrontare questa corsa!
Inutile descrivere il resto della corsa: ho dovuto stringere i denti per coordinare alla meno peggio i movimenti, i piedi non poggiavano più bene e le urla di incitamento restavano nell'aria e confuse nella mia mente.
Crisi muscolare, non organica... la HeartBreak Hill la attendevo da mesi ed è stata una delusione personale per non averla affrontata al meglio: in fondo si trattava di una collinetta un poco più lunga delle altre, ma niente più...
Scritte per terra con gessetti colorati, tante ragazze festanti ed incitanti... ricordi vivi nella mia mente!
In molti, infatti concluderanno poco sopra le 2h20'.
Là davanti, intanto Hermann Achmuller entrerà anche lui in crisi nera, tant'è che lo raggiungerò nel finale e mi distanzierà di poco più che un minuto e mezzo.
Per lui, dopo cinquanta corse, la Maratona più dura di sempre.
Ma nonostante tutto, per il coraggio mostrato, complimenti vivissimi, Hermann!
Entrato a Boston provo ad insistere e non arrendermi, all'ultimo K devo per forza cambiare e nel rettilineo finale mi ricordo che non posso perdere una volata, seppur di retrovia e chiudo la mia gara... in silenzio... al 45° posto uomini, addirittura 51° overall...
Il tempo finale: 2h 26' 10"
Parziali:
16'13"+16'17"+16'15"+16'49"+17'05"+18'08"+18'40"+18'33"+(8'11")
=
1h09'12" + 1h16'58"
La prima persona che individuo, abbraccio e mi scuso successivamente è l'artefice di questa trasferta tutta italiana, Giuseppe Vicari, autentico trascinatore, organizzatore della trasferta, al quale sono infinitamente riconoscente.
A lui è dedicato questo mezzo insuccesso ed una speranza di onorare al meglio la corsa italiana cui tiene tanto, la Mezza Maratona di Terrasini del prossimo 8 maggio.
Il resto sono gioie e... dolori!
Nonostante qualche intoppo, il week-end bostoniano mi regala forti emozioni, un'America differente dalla caotica ed iperattiva New York, tanta gente calma e cordiale.
La corsetta della domenica su un lungomare a Boston, tra forte vento contrario, sabbia negli occhi, un mare mosso sullo sfondo e qualche runner che non poteva fare a meno di salutarti, ha colori intensi quanto brillanti.

Lo stretching, gli allunghi adicenti a piccole casette in legno con sopra tanti cavi elettrici e passanti di vario tipo pieni (immagino) di cariche elettrostatiche fanno capire le differenze concettuali di una città tendente all'antichità stile British ma affiancata alle moderne costruzioni del Nuovo Continente.
La settimana susseguente sarà impostata al recupero fisico, a casa New York, la stessa, frenetica e superlativa (agli occhi del "Manager") di sempre.
Boston ha differente concezione, forse perchè quando vivi al Centro del Mondo tutto ti sembra più riduttivo...
(Ringrazio sempre i gentili utenti di Flikr.com; Ringrazio PhotoRun.com; Un pezzo di Sicilia presente anche a Boston nel locale "Dolce Vita", emigranti ovunque in America!)